Flyer Matmos 1992

Flyer Matmos 1992

Matmos

Un racconto su una delle storiche e più significativa one-night di Milano

a cura di Roberto Piccinelli e Matmos Stuff

Forse, ci vorrebbero papiri per raccontare la storia del Matmos, ma alle inutili lungaggini noi preferiamo un racconto breve e ricco di significati.

Del resto, è la stessa storia della nightlife a parlare chiaro: sono molti, infatti, i “club night” o clubs leggendari caratterizzati da una vita non lunga, ma intensa e forgiante. Non dispersiva, ma foriera di un percorso ben definito, i cui contorni netti e delimitati finiscono con il fungere da comune denominatore. Ebbene, Matmos esprime il concetto pienamente, con una storia bella, importante e densa di momenti indimenticabili, nel bene e nel male. Semplificando, Matmos è un viaggio che ha contribuito a cambiare profondamente il corso della storia del nightclubbing italiano e, più in particolare, di una Milano creativa e propositiva come quella di fine anni ’80 ed inizio ’90.

A differenza di realtà provinciali che spesso prediligevano la ricerca della qualità musicale, il capoluogo lombardo viveva (arrogante e vanitoso) di mode, vittima di quel cliché che lo voleva necessariamente “up to date”, ma soprattutto costretto ai ritmi veloci e serrati imposti dalla sua stessa immagine.

Ora la situazione è leggermente diversa, grazie al proliferare di progetti artistici e musicali di matrice underground, magari sempre modaioli, ma in qualche modo più attenti a proposte alternative e non necessariamente fashion.

Milano viveva (arrogante e vanitosa) di mode, vittima di quel cliché che la voleva necessariamente “up to date”, ma soprattutto costretta ai ritmi veloci e serrati imposti dalla sua stessa immagine

Sotto questo aspetto Il Matmos è stato, con poche altre realtà, tipo Il Principe, Plastic, Pussy Galore’s, qualche sparuto “Illegal Party” ed i primi after hour, un autentico toccasana per chi aveva voglia di “underground”. Il suo merito principale fu quello di infondere nei giovani clubbers la certezza di sonorità destinate a rimanere indelebili. Al punto tale che lo scorrere del tempo le ha incanalate sotto forma di una sorta di messaggio tramandato di generazione in generazione, fino a raggiungere il pubblico odierno, cresciuto per numero e competenza, ormai avvezzo a proposte innovative.

È molto probabile che situazioni, abitudini, attitudini, clubs e serate underground non avrebbero visto la luce senza i coraggiosi (per quell’epoca) esperimenti targati Matmos, Diabolika, Vae Victis, Movida, Principe, Mazoom e pochi altri, sparsi lungo la Penisola.

Matmos viene creato dalla mente intraprendente e vagamente folle di Marco Tini, vero prototipo di quello che diventerà l’art director all’interno dei clubs, creatore di contenuti, dallo scouting artistico al lavoro di pubbliche relazioni, catalizzatore del mood di una città che chiede disperatamente qualcosa di nuovo.

Marco si fa carico di questa necessità e, dopo precedenti esperienze in locali new wave-
elettronici, crea il punto d’incontro ideale tra moda, comunicazione, immagine ed i bagliori di una rivoluzione musicale chiamata house music. Tutto ciò, adesso, potrebbe apparire scontato, ma lo era assai meno in quel preciso periodo storico.

Le consolle create da Marco sono un esempio della sua acutezza in fatto di competenza
musicale, scenografica, sociale e artistica tout court. I nomi dei residents del Matmos sono da brividi: da Ralf ad Andrea Gemolotto, da Luca Colombo a Bruno Bolla, da Jackmaster Pez a Giorgio Matè, tutti gia’ conosciuti ma agli albori delle proprie carriere. Ebbene, il Matmos si rivelerà un vero trampolino di lancio per tutti!

Marco dà molto spazio ai propri residents, li responsabilizza, li supporta, li promuove, segna in parte i loro percorsi. Oggi succede il contrario: spesso dei resident si sa poco, mentre la forza dell’evento dipende dal guest altisonante

Il suono del Matmos era marcatamente house con sfumature deep e garage che i resident fanno propri pur proveniendo da differenti esperienze sonore, come la new beat per Luca
Colombo o l’acid jazz per Bruno Bolla. I locali che hanno ospitato il Matmos
rappresentano uno spaccato della vita notturna milanese, dal Cafè Blue di Piazza Velasca (primo della lista nell’autunno del 1990 ) al Linea di Piazzetta Giordano , dal Lizard di Largo La Foppa (ora The Club ) al Rage alle colonne di San Lorenzo.
 
Anche per i pochissimi guest, a rotazione, Matmos rappresenta un biglietto da visita importante: e stiamo parlando di dj quali Flavio Vecchi, Ricky Montanari, Leo Mas e Claudio Coccoluto.

Ma non basta. Alcuni nomi leggendari dell’house music riscuotono il loro primo assegno “Italiano” proprio da Marco: Derrick May, Frankie Knuckles, Kid Batchelor …

A volerli contare tutti, non sono però molti i guest italiani e stranieri chiamati a proporre le loro gig al Matmos, perché Marco dà molto spazio ai propri residents, li responsabilizza, li supporta, li promuove, segna in parte i loro percorsi. Oggi succede il contrario: spesso dei resident si sa poco, mentre la forza dell’evento dipende essenzialmente dal guest altisonante. Per di più, il tam tam dei pierre non funziona se non c’e il supernome (che spesso si rivela deludente e comunque inferiore ai residents).

Al Matmos l’evento è il Matmos e il suo staff: un lavoro di selezione meticoloso, di musica, colore, immagine. Niente altro. Le differenze con altre one night del periodo sono sostanziali, più gay oriented e trasgressivo il Pussy Galores, più modaiolo ed in vena ibizenca il Principe, più tipicamente milanese il Matmos, ma per tutti il comune denominatore e la straordinaria cura della qualità musicale.

Giorgio Matè. Luca Colombo, Bruno Bolla, Jackmaster Pez
Giorgio Matè, Luca Colombo, Bruno Bolla, Jackmaster Pez

L’ultimo guest straniero al Matmos sarà Roger Sanchez, purtroppo destinato a non ricevere il proprio cachet dalle mani di Marco, che nel frattempo ci lascia, vittima di un assurdo incidente stradale sulla Milano-­Venezia. Era diretto al Mazoom e quella mattina, dalla consolle del locale, a dare il triste annuncio provvede un affranto Leo Mas.

Lucia e Isa, le fedeli collaboratrici di Marco, proseguono il solco tracciato da una mente geniale, regalando al pubblico italiano stagioni strepitose come quella andata in scena al Lizard, probabilmente il punto più alto (a livello di numero di presenze) di una stupenda avventura, i cui titoli di coda vanno in scena sul finire del 1994. I motivi dello stop, forse prematuro, sicuramente foriero di grandi rimpianti fra i clubgoers, furono molteplici, non ultimo qualche tentativo di sabotaggio ordito da organizzazioni concorrenti, che avrebbero fatto di tutto pur di raccoglierne l’eredità. Tentativo vano, perché nell’immaginario collettivo il Matmos assume le sembianze di un appuntamento unico ed irripetibile. Una leggenda della nightlife italiana.