Ralf @ Club dei Nove Nove

Ralf @ Club dei Nove Nove

Dj Ralf

Appartiene a quella frangia di venticinquenni che detestava le discoteche ma ancora oggi è il dj italiano più seguito

a cura di Emanuele Zagor Treppiedi

Anche chi non è un clubber d’antan conoscerà sicuramente Ralf. Nella nostra ricostruzione storica sul clubbing italiano che in Biennale, tra gli altri temi, è partita dalla Riviera Romagnola, non poteva mancare il racconto di Ralf. Antonio Ferrari dall’ascoltare i dischi in un paesino dell’Umbria è riuscito a far ballare le folle di ragazzi che frequentavano la Riviera suonando dall’Ethos Mama Club al Cocoricò, e poi in ogni locale house d’Italia. Ci racconta cosa ascoltava, le sue prime esperienze come dj, gli abbigliamenti in stile “Guerre Stellari” e di quella volta che mentre andava a suonare incontrò per strada dei cinghiali.

 

CI RACCONTI COME ANTONIO FERRARI DIVENTA RALF?
Credo che la metamorfosi sia iniziata molto presto. Nelle giornate passate davanti al giradischi di mio zio ad ascoltare i suoi settantotto giri e, più avanti, al mio primo STEREO, perché quello di mio zio era mono, naturalmente. Ralf si è iniziato a formare in quei pomeriggi interi, passati steso nel letto della mia cambretta ad ascoltare la musica che amavo, ad occhi chiusi, per non perdere nessuna nota e assaporare ogni singola sfumatura. Ogni impercettibile variazione. Poi nella prima radio libera della mia città, durante quelle ore lunghissime di programmazione selvaggia e nei primi club che dovevamo organizzarci da soli, perché la musica che amavamo io e i miei compagni di viaggio non potevamo suonarla nelle discoteche del tempo, perché davvero non saremmo durati più di due settimane. I proprietari dei locali, tolte poche eccezioni, se mettevi più di un pezzo fuori dal seminato, potevano anche venire in consolle e sbatterti fuori a calci in culo senza tanti complimenti. In ogni caso il nome Ralf non è arrivato col mestiere del dj, ma molto prima. In ogni senso.

COME TI SEI AVVICINATO AL “MONDO DELLA NOTTE”?
Credo sia un processo naturale, quando si ha una certa, inequivocabile attitudine. Ho la sensazione che, in qualche modo, notturni si nasca.

IMMAGINO CHE PRIMA DI ARRIVARE ALLA RIVIERA, CHE TI HA CONSACRATO AL MONDO DELL’HOUSE TI SARAI DATO DA FARE ANCHE A PERUGIA, DOVE SUONAVI NELLA TUA CITTÀ? ORGANIZZAVI FESTE? COSA SUONAVI?
Come ho già detto poco fa, specie nei primi anni della mia carriera, non ho mai lavorato in discoteche tradizionali, per così dire. Anzi, io appartengo alla frangia di venticinquenni dei primi anni ottanta che le discoteche le detestava. Mi sono formato con la psichedelica, col blues, passando dalla proto elettronica tedesca della fine degli anni settanta, fino a buttarmi a capofitto nelle sperimentazioni anarchiche del free jazz e della prima fusion. Ho vissuto pienamente il periodo punk e la new wave, il soul e la prima dance elettronica. Quando ho iniziato a “mettere i dischi”, allora si diceva così, non potevo che farlo, mettendo insieme tutte queste passioni, tutti questi amori, facendo convivere a forza, i Clash con Stevie Wonder, Fela Kuti con i Cure, i Bauhaus con Donna Summer, Miles Davis e i Weather Report con i Depeche Mode e gli Heaven 17, Grandmaster Flash and Furious Five con Dinosaur L, tanto per fare degli esempi.

 

Il primo club in assoluto si chiamava Story Teller. Era un posto cult di Perugia, piccolo, per 300/400 persone, che vantava una clientela molto colta, eclettica e internazionale, grazie a un’allora floridissima Università per Stranieri. Poi cominciai a confrontarmi con un pubblico più ampio, nel mitico Parco di Lacugnano, allora famosissimo, che il comune ci diede in concessione.

l’inverno del 1986 ci lasciammo travolgere dal treno appena partito da Chicago e New York, che le riviste d’avanguardia inglesi del tempo, come The Face o iD, chiamavano HOUSE. Io salii su quel treno

Eravamo un gruppo di “giovani avventurieri” dello stile e della musica, e credo che una parte del night clubbing della mia regione si sia formata proprio lì. Eravamo aperti da maggio a settembre, tutte le sere dalle 20 alle 5, ed eravamo sempre pieni zeppi. Un’esperienza fenomenale e irripetibile. Dallo stesso nucleo nacque quello che poi sarebbe diventato uno dei locali alternativi più importanti dell’Umbria: Norman e il Presidente. L’estate si faceva Lacugnana e l’inverno il Norman. Fu proprio in questi due posti che, tra l’estate e l’inverno del 1986, ci lasciammo travolgere dal treno appena partito da Chicago e New York, e che le riviste d’avanguardia inglesi del tempo, come The Face o iD, chiamavano HOUSE. Io salii su quel treno in corsa a occhi chiusi senza pensarci su neanche un nano secondo. Poco dopo, con due soci, Mauro Roscini e Rita Marconi, profondi conoscitori della riviera romagnola, creai quello che credo si possa definire il primo club integralmente votato alla musica house dell’Umbria: ULTRA VIOLET. Fu lì che capii che sopra quel treno avrei viaggiato tanto, e infatti non ne sono ancora sceso.

OSSERVANDO LA SITUAZIONE DEI LOCALI DA PERUGIA QUALI TI SEMBRAVANO LE ZONE PIÙ FERTILI PER SUONARE LA MUSICA CHE VOLEVI PROPORRE TU?
Roma, dove era nato il Devotion, Firenze ed ovviamente la Riviera Romagnola.

COME VEDEVI LA RIVIERA DA PERUGIA? CI ANDAVI A BALLARE?
Beh, era un po’ il Nirvana. La vedevo e la vedevamo tutti come una specie di Ibiza italiana. Un punto di incontro fondamentale per tutta la club culture italiana che si stava formando proprio in quegli anni. Sì, ci andavo ogni tanto. Ricordo una serata memorabile alla Ripa Discoscesa (che successivamente nel 1987 divenne il Rockhudson’s grazie a Pier Pierucci e all’arch. Giovanni Tommaso Garattoni, ndr) forse la prima disco totalmente alternativa che ho visto in riviera.

QUANDO, COME E DOVE SEI APPRODATO A SUONARE IN RIVIERA?
Diciamo che sono entrato dalla porta principale. Il primo club dove suonai fu l’Ethos Mama Club, che poi era il mio sogno proibito. Era il Capodanno del 1990. L’estate la feci al Nove Nove a Gradara e subito dopo, nel 1991 iniziai al Cocoricò dove sono ancora adesso.

ethosmamaclub

Club dei Nove Nove, Gradara
Club dei Nove Nove, Gradara

 

CI RACCONTI COSA SUCCEDEVA IN RIVIERA TRA LA METÀ DEGLI ANNI ‘80 FINO A FINE DEI ‘90? IN QUEGLI ANNI LA RIVIERA ERA LA ZONA CON PIÙ LOCALI D’ITALIA E RADUNAVA CENTINAIA DI MIGLIAIA DI RAGAZZI A BALLARE OGNI WEEK END.
C’è stata la Baia avviata con Baldelli e Moz-art, poi l’Aleph, lo Slego, il Byblos, il Prince, il Cellophane, il Rex che poi divenne Cocoricò, l’Ethos Mama Club, l’Echoes, l’E.C.U. e gli after primo fra tutti il Diabolika …

 

COM’ERANO TUTTI QUESTI LOCALI ANCHE ARCHITETTONICAMENTE PARLANDO, CHE CARATTERISTICHE AVEVANO?
C’era la sensazione che si stessero esplorando territori totalmente nuovi, da ogni punto di vista. Ci si sentiva cittadini del mondo e si avvertiva nettamente di essere nel posto dove succedevano le cose. Soprattutto, ci si rendeva conto che, come te, c’era tanta gente che da tutta Italia si spostava ogni fine settimana per partecipare a quel rito collettivo. A livello architettonico, direi che solo alcuni club esploravano stili totalmente nuovi e d’avanguardia. Penso all’Aleph, più tardi diventato Ethos Mama Club, al Diabolika, e allo Slego.

QUALI SONO GLI ANEDDOTI PIÙ DIVERTENTI CHE RICORDI DI QUEGLI ANNI? LA GENTE VESTITA IN MANIERA STRAVAGANTE, I FLYER, LE MAMME-ROCK, I TURISTI…
Di aneddoti divertenti ce ne sono talmente tanti che ci potrei fare più di un libro. Quello rimasto memorabile, almeno per me, riguarda quella volta che arrivai tardi all’Ethos perché per strada, vicino Gubbio, con la mia mitica Mitsubishi Colt investii una mandria di cinghiali. Mi presentai davanti al locale con la forma di uno di quei bestioni impressa nel parafanghi anteriori e nel cofano, ciuffi di pelo inclusi. I due commenti che ricordo quando raccontai l’accaduto furono due. Il primo: “See, va beh, Ralf, drogati meno va là!” ed il secondo, del mitico Baffo, storico buttafuori/parcheggiatore del locale che mi disse, in dialetto stretto riccionese: “Potevì caricarlo che lo facevamo in umido!”. Riguardo gli abbigliamenti, ti dico solo che certe volte si aveva la sensazione di essere dentro al set di “Guerre Stellari”.

ULTIMAMENTE TI SI LEGA AL COCORICÒ, MA TU HAI GIRATO TUTTI I LOCALI DELLA RIVIERA E D’ITALIA, CE N’È UNO CHE PORTI NEL CUORE?
A parte il primo, l’Ethos, e senza dubbio il Nove Nove e il DA DA DA.

 

CI SONO, OLTRE A TE, ALTRE FIGURE (DJ, PROMOTER, PR, DIRETTORI ARTISTICI ECC…) CHE HANNO SEGNATO PARTICOLARMENTE IL MONDO DELL’INTRATTENIMENTO NOTTURNO ITALIANO?
Ce ne sono a decine. Talmente tanti che non posso nominarli, per evitare di dimenticarne qualcuno.

Gianluca Tantini gestore dell'Ethos Mama Club, Sabrina Bertaccini pr dell'Ethos (insieme a Valentina Cecchini si facevano chiamare Le Pettegoliere) e Dj Ralf, tutti all'Ethos Mama Club
Gianluca Tantini gestore dell’Ethos Mama Club, Sabrina Bertaccini pr dell’Ethos (insieme a Valentina Cecchini erano Le Pettegoliere) e Dj Ralf, tutti all’Ethos Mama Club

 

Soprattutto ci si rendeva conto che, come te, c’era tanta gente, che da tutta Italia si spostava ogni fine settimana per partecipare a quel rito collettivo.

DOPO GLI ANNI 90 QUALCOSA IN TUTTO QUESTO PULLULARE DI LOCALI SI È INCEPPATO, CHE COSA SECONDO TE?
Io credo che il margine per inventarsi delle cose ci sia ancora. I club devono ritrovare un loro specifico, una certa unicità. Credo che i promoters, i djs e i proprietari delle strutture debbano ritrovare la voglia di inventare, insieme al coraggio e all’orgoglio di far crescere il loro capitale umano ed il talento dello stesso, cercando di evitare di essere solo il contenitore di eventi speciali legati per lo più solo alle guest star. Credo che questi valori si siano un po’ persi, ma vedo che c’è già tanta gente che sta lavorando per ritrovarli e per questo sono positivo.

OGGI COSA CI PORTIAMO DIETRO DI QUEGLI ANNI? COME VEDI LA SCENA CLUBBING ITALIANA ADESSO E COSA STAI FACENDO TU PER ESSERE SEMPRE IN PISTA? C’È QUALCHE NOME NUOVO CHE SEGUI CON PARTICOLARE ATTENZIONE?
In parte la risposta te l’ho appena data, vedo la situazione positiva. C’è molto fermento e sento che quella provincialissima esterofilia incondizionata e cieca, che in questi ultimi anni ci ha caratterizzato, sta cedendo la strada ad un certo orgoglio del nostro stile, della nostra solarità e della nostra cultura musicale che non è seconda a nessuno. Non a caso le feste più forti di Ibiza sono nate dalla testa di italiani. Riguardo i nomi nuovi ne vedo tanti e non li nomino per non fare discriminazioni. Alcuni nomi in cui credo si possono trovare nel roster di LATERRA management, che mi appartiene e mi rappresenta. Ma certamente ce ne sono molti altri.