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Mauro “Boris” Borella

Link Muzik o Muzak?

Vendetta, tremenda vendetta: in via Fioravanti 14 potemmo finalmente dare spazio senza vocalist, nani e ballerine ai nostri sound, a chi li proponeva e specialmente a chi li importava e distribuiva in Italia. Sempre grazie a Fabrizio Usberti venimmo in contatto con la Disturbance / Minus Habens di Ivan Iusco e con la romana Final Frontier di Andrea Bendetti, Marco Passarani, Lory D e Leo Annibaldi dj e producer fondatori di vari progetti discografici quali Nature, Plasmek, XForces e di quello che veniva definito il Sound of Rome assolutamente all’avanguardia rispetto a tutto il resto della scena nazionale. Con loro stringemmo un patto di ferro e vinile consolidando oltre che un rapporto professionale anche una lunga relazione amichevole, tutt’oggi in atto. Marco e Andrea per gli anni a venire ci fecero da “buoni consiglieri” musicali, passandoci le uscite discografiche delle etichette da cui noi estrapolavamo dj e live act, dischi e live che cercavano di rivendere (con molta difficoltà) in un periodo pre-internet, che oggi sembra impossibile sia esistito. Grazie a loro scoprimmo anno dopo anno etichette Oltreoceano come la UR-Underground Resistance, Metroplex, Transmat, KMS, Plus 8, Planet E, 430 West, Direct Beat, Interdimensional Transmissions e Dataphysix, poi Schematic e Chocolate Industries. Dall’Europa ci introdussero prima alle anglofone Warp, Clear, Planet Mu, Skam, SCSI e sempre attratti dalla Rephlex rec. del sig. AFX ospitammo un paio di All Stars Night (rimaste nella storia al pari del concerto dei Clash in piazza Maggiore) e per un’intera stagione la serata di residenza mensile Rephresh. Arrivarono la finlandese Sähkö Recordings, gli olandesi della Bunker, Viewlexx e sopratutto Clone, la Pharma e tutto il giro post Air Liquid di Walker, Khan ed etichette come la Force Inc, la Mille Plateaux fino all’austriaca Mego e Ninebarecords di Cujo, che poi divenne l’Amon Tobin che tutti conosco.

 

 

Etichette apparentemente diverse tra loro che avevano tutte lo stesso denominatore comune: la continua e repentina ricerca di linguaggi ritmici innovativi. Non si riusciva ad abituarsi a uno slang che già ne arrivava un altro.

 

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Rivista Link Project 1996, marzo-aprile

Oltre a queste ospitate ogni anno, ad aprile, dal 1996 al 2004, con Andrea e Marco cercavamo di radunare al Link label e artisti italiani in un momento di incontro che chiamammo Distorsonie, parafrasando la cassa storta e i suoni distorti che ci piacevano tanto. Fu, casualmente, il primo festival del genere “musica dance elettronica” in Italia, dedicato, nelle prime edizioni, alle sole etichette e produzioni italiane, per allargarsi in seguito a quelle straniere, fino a raggiungere un’economia di scala purtroppo autodistruttiva nel concept e anche nella sostenibilità economica. Questo a causa sia della poca attenzione istituzionale, orientata su altri contenuti apparentemente meno compromessi con il mainframe culturale, che della nostra incapacità di attirare sponsor e supporter (Red Bull e TDK a parte).

Oltre ai collaboratori esterni un’altra fonte principale di ispirazione per la composizione del programma furono i nostri mille dj, primi tra tutti Ilo e Peak Nick. Ilo è stato citato anche su un lp di Mike Paradinas e insieme con Nicola aka Peack Nick formava il progetto Beat Actione, in cui i due miscelavano – 5 anni prima dei 2 Many Djs – il meglio dell’elettronica non convenzionale. Un potpourri di cui ricordo, anche grazie a Nicola, la Stalplaat, Max Ernst, Hothair, Kompakt. Peak Nick era anche il dj che ha affiancato artisti come Thomas Brinkmann, Akufen, Atom Heart e David Chazam. I due funamboli del mixer strinsero una lunga collaborazione con Notte Vidal, serata che fece le fortune del giovedì exotic lounge del Link, ma purtroppo non le loro.

Altro connettore d’eccellenza fu Riccardo Balli, studente stravagante nonché frequentatore dell’infoshop del Link diventato prima “Astronauta Autonomo” (il suo libro per Castelvecchi), poi terrorista sonoro del progetto DDR (Distorted Dark Room). In Erasmus a Londra, Dj Balli entrò in stretto contatto e iniziò una collaborazione con la Praxis Rec. di Christoph Fringeli e con l’ideologo Stewart Home (di Datacide). Da allora seguì una florida attività discografica e performativa come Sonic Belligeranza.
Basilari furono i festival europei; primo fra tutti e forse allora l’unico fu il Sonar di Barcellona, dove scoprimmo fenomeni come Dj Spooky e tanti altri poi nostri gloriosi ospiti.

 

Basilari furono i festival europei; primo fra tutti e forse allora l’unico fu il Sonar di Barcellona, dove scoprimmo fenomeni come Dj Spooky e tanti altri poi nostri gloriosi ospiti.

Del primo Sonar ricordo l’inaspettata focaccia genovese di un mio grande amico, che l’aveva importata aprendo un posto vicino al Macba; ma ricordo soprattutto l’acido vendutomi da una punk catalana grazie o per colpa della quale, quando arrivò la mattina sulla pista degli autoscontri dove cercavo di andare addosso a Mills e Hawtin, non riuscii più a distinguere i beat delle casse da quelli dei generatori elettrici di quella festa elettro-mediterranea qual era il Sonar di quei tempi. Importanti si rivelarono anche i viaggi di pellegrinaggio a San Francisco, New York, Islington, Hackney Central, Londra da cui tornai con novità come l’Asphodel Records, la Caipirinha Records, le amicizie personali con Dj Olive ed i Brooklyn Beats dell’amico esule Gil Arno, la Silverfish, il 93 Feet East, il Cargo, il Plastic People e altri che non ci sono più.

L’ispirazione arrivava anche grazie alla collaborazione con locali “concorrenti”, pochi visti i generi trattati. Primo fra tutti il mitico Clan Destino di Faenza e il Morphine, spazio sperimentale all’interno del Cocoricò di Davide Love Calò e NicoNote. E in seguito anche le organizzazioni nomadi come il Liquid di Firenze di Liam J. Nabb e Louise Oldfield con cui portammo per primi in Italia Matthew Herbert, o la Feel Good Production, che ci fece scoprire il bhangra sound indiano di Anokha/Talvin Singh e gli amici (corregionali) della Betulla Rec, sempre presenti nei grandi momenti del Link.

Come dimenticare i tentativi di rave goani con Dj Piero e adepti, o le catastrofiche ospitate di quei mefistofelici Spiral Tribe? Stili e tribes poi abbandonati per ragioni sia musicali che spazio temporali: non si poteva stare svegli due o tre giorni da lucidi a sentire ore e ore di bassline monoritmici o interminabili litanie trance.

Il Link ebbe anche una parentesi autarchica quando, grazie ad alcuni collaboratori partenopei come Ciro Coppola e Salvatore Napolitano, si iniziò a contattare artisti della scena techno napoletana, allora ai loro esordi, come Marco Carola, Gaetano Parisio, Davide Squillace e Cerrone, poi affermatisi a livello mondiale. Di quel dream team ricordo l’esibizione di Marco Carola nel 2002, un rito etnico elettronico che per un pelo non venne annullato da una vomitata di una sua groupie sugli amplificatori dell’impianto. Nonostante l’inconveniente il suo set fu molto coinvolgente e, appunto, tribale, non nel genere ma nella liturgia della performance ai giradischi. Mi ricordo che venne a sentirlo Paolo Chighine (ai più noto come Paolo Kighine, ma per me senza K) mio caro amico e dj mentore della mia adolescenza genovese. Fui molto orgoglioso di mostrargli cosa ero stato capace di co-costruire, non da solo, dopo aver lasciato il capoluogo ligure, città nella quale un posto come il Link rimane e rimarrà per sempre un sogno. Paolo era venuto al Link perché Carola avrebbe suonato qualche settimana dopo all’Insomnia di Ponsacco, dove all’epoca Paolo era dj resident e music supervisor.

Paolo era venuto al Link perché Carola avrebbe suonato qualche settimana dopo all’Insomnia di Ponsacco, dove all’epoca Paolo era dj resident e music supervisor.

 

Rivista Link Project 2000, gennaio-febbraio, Orbeat Night
Rivista Link Project 2000, gennaio-febbraio, Orbeat Night

 

A proposito di organizzazioni extra Link, nell’ultima fase in via Fioravanti, fra il 2001 e il 2004, ci imbattemmo in Armando, organizzatore e bravissimo chef de rang da poco trasferitosi da Londra a Bologna con la sua Zen Essential. Con lui anche grazie a un’altra coppia di genovesi, i Tutto Matto di Juri & Paolo e la Tummy Touch portarono una ventata di novità: ci convinsero ad aprire le porte alla combattutissima house (anche se poi quello che si suonava erano break beat post-funkettoni) mal digerita dal nostro pubblico storico. Fu l’inizio della fine di una specificità. Quella che pensavamo essere una strategia di avvicinamento reciproco a un nuovo pubblico e una nuova scena per noi si rivelò da un certo punto di vista letale, ma a ragion veduta anche salvifica.

Fu l’inizio della fine di una specificità. Quella che pensavamo essere una strategia di avvicinamento reciproco a un nuovo pubblico e una nuova scena per noi si rivelò da un certo punto di vista letale, ma a ragion veduta anche salvifica.

Fummo infatti fagocitati e digeriti da un ambito che fino ad allora ci era stato diffidente quando non ostile, annullando così la differenza percepita tra locali mainstream e luoghi alternativi, come potevano essere il Link e molti altri centri indipendenti che negli anni seguirono il nostro esempio, vedi i disobbedienti del Marghera / Altavoz di Mestre.

Questa invasione, aliena per il Link e all’inizio molto criticata, fu invece motivo di salvezza quando il centro venne trasferito fuori città, in un luogo nel quale il primo pubblico di studenti, appiedato, non poteva arrivare agevolmente.

 

Insomma, le fonti a cui ci abbeveravamo erano molte e all’inizio eravamo noi stessi dei bravi rabdomanti, anche perché all’interno del Link avevamo creato un agenzia di distribuzione artistica, la “Link Propop”, che aveva l’obbiettivo di distribuire in giro per l’Italia quello che si proponeva a Bologna. Vi era l’illusione di creare un network di scambio che per un periodo funzionò anche con altri simil pionieri come La Pergola e il Tunnel di Milano, l’Interzona di Verona, il Circolo degli Artisti di Roma, dopo con Brancaleone e DNA, Orbeat di Napoli, i Mercati Generali di Catania e pochi altri. Loro, da networker, si trasformarono pian piano in altre booking agency, passando da collaboratori a venditori, alle volte anche senza scrupoli (poche per fortuna).

 

Locandina Distorsoni 2003 Link  © Fabio Aloisi
Locandina Distorsonie 2003 Link © Fabio Aloisi

Di questa infiltrazione dei mercanti nel tempio, senza erigermi a ruolo di redentore, mi devo dare molte colpe; la principale è aver abbandonato il progetto dell’agenzia per dedicarmi a quella degli eventi multidisciplinari. Mi staccai dalla Propop e aprì la H-uge. Quell’Ufficio Grandi Eventi con cui produssi varie operazioni esterne al Link tra cui la curatela del Padiglione FuturMusic all’interno della Fiera di Bologna, il progetto W-dj per Telecom Italia, un capodanno Cirque Musical con la famiglia Togni, le prime due edizioni della TDK Dance Marathon di Milano. Tutti bei colpi che nelle ultime quattro edizioni mi portarono ad alzare sempre di più il tiro del prima citato Distorsonie Festival, dal 2000 al 2004, durante le quali mi scappò una raffica di pallottole (da svariati migliaia di Euro) dritta nella testa.

Di questo quasi festicidio (festival + suicidio) devo condividere la colpa con Richard D. James, quell’AFX che suonò la prima volta al Link nel 1995 nella sala nera davanti a 200/300 persone e ricevette un compenso di 2 milioni e mezzo di lire divisi con tutti i Rephlex presenti. Mentre la seconda volta nel 2002 suonò nell’hangar dietro il Link, un attiguo magazzino del mercato ortofrutticolo affittato appositamente, davanti a 5000 persone, per un compenso di 38-40 mila euro. Cifra ben assorbita dal record di incassi del Link di oltre 100.000 euro (tutt’ora imbattuto), che dopo 4 mesi reinvestimmo completamente in un Distorsonie che oltre ai conti correnti mi ripulì, e mi tiene pulita la coscienza, per non aver mai utilizzato quella struttura per finalità economico-imprenditoriali personali.

Un colpo che mi fece risvegliare da un sogno durato oltre dieci anni, ridimensionandomi al punto che, passato illeso una successiva e ultima edizione di Distorsonie del 2004, decisi dal 2005 di farmi ospitare da altri festival con una formula ridotta di PDF (Post DF). Acronimo che aveva il senso di post, ovvero piccolo promemoria di quello era stato un dignitoso tentativo di rassegna annuale di musica elettronica italiana (e straniera), che poi lasciò spazio ad altri ottimi sequel quali: Dissonanze, Club to Club, Elita, Netmage, RoBot, Dancity ed ora il giovane Pulse di LED.

 

 

Quel Link Electronic Department da me formato come lascito a tutti quei collaboratori che mi avevano supportato e sopportato per anni, e che ancora oggi proseguono in maniera altalenante le attività elettronico-danzerecce del Link, dove l’11 aprile 2014 è stato festeggiato il Ventennale dalla sua prima apertura con una prima serata a cui farà seguito una serie di eventi etichettati XXLink. XX rappresenta il numero romano nonché la taglia extralarge dell’iniziativa, che proseguirà, appunto alla grande, fino alla notte del 31/12/2014, e per tanti altri anni a venire di Link Muzik con la L e la M maiuscole!

Per gli interessati sul to be continued di questa storiella consiglio il sito del Link dove si pubblicheranno i materiali che stiamo faticosamente raccogliendo per coprire il buco (analogico) che c’è in rete, o nel mio personal blog dove proseguirò a coprire i miei di buchi mnemonici.

Sabato 30 agosto Daniele Gasparinetti sarà alle Corderie dell’Arsenale per parlare del Link Project. Con lui saranno presenti i fondatori e i curatori delle diverse discipline:
- Daniele Gasparinetti, fondatore del Link
- Luca Vitone, curatore di Incursioni: festival di arte performativa e visiva
- Silvia Fanti, fondatrice del Link e curatrice della programmazione teatrale